Metalmeccanici marchigiani tra i più poveri d’Italia. Con uno stipendio medio lordo di 27mila euro annui, i lavoratori del settore sono tra quelli che guadagnano meno rispetto ai colleghi del nord: -14,6%. In Lombardia, per esempio, lo stipendio medio annuale è di 35mila euro, in Emilia Romagna 34mila mentre nel Lazio si giunge a 33mila. Siamo invece più vicini alle regioni del Sud come la Campania con 25mila circa, il Molise con 24mila. Va ancora peggio per le lavoratrici che, con 23mila euro lordi annui, hanno una retribuzione media inferiore, rispetto agli uomini, del 18,3%. E’ quanto emerge dall’indagine condotta dall’Ires Cgil Marche sulla base dei dati Inps, relativi alle retribuzioni dei metalmeccanici marchigiani, illustrata questa mattina nel corso dell’assemblea regionale dei delegati Fiom, dal titolo “La Fiom Marche nel sentiero della dignità”, in programma alla Fiera della Pesca di Ancona, presente Michele De Palma, segretario generale nazionale Fiom Cgil.
«La condizione dei metalmeccanici nelle Marche è in sofferenza – sottolinea Sara Galassi, segretaria generale Fiom Cgil Marche -; vanno migliorati i salari e, per questo, la nostra proposta nella piattaforma di rinnovo contrattuale, è quella di aumentare le retribuzioni di 280 euro. Le Marche sono sempre più vicine alle regioni del sud: il gap salariale va colmato come anche quello tra lavoratrici e lavoratori. Questo sarà il nostro obiettivo per i prossimi anni”. E ancora: “Tante sono le vertenze aperte nel settore; ultima, ma solo in ordine cronologico, quella della Cnh di Ancona, una delle aziende più grandi della regione con 915 dipendenti. La Fiom ritiene che Governo e istituzioni debbano affrontare, in modo serio, il tema della desertificazione industriale attraverso vere politiche di settore , per rilanciare la metalmeccanica, strategica nelle Marche come in Italia».
La Fiom Cgil ha inoltre organizzato una tavola rotonda dal titolo “I principi della dignità” per creare un filo comune tra tutte le associazioni che, assieme alla Fiom, intendono migliorare le condizioni di chi lavora, promuovere l’antifascismo, chiedere lo stop al genocidio in Palestina e lottare per il diritto all’istruzione e alla salute. Nel corso dell’assemblea sono emerse novità anche per la vertenza Cnh di Jesi. L’assemblea dei lavoratori ha autorizzato i sindacati di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Aqcf a firmare un accordo con l’azienda, chhe prevede tra l’altro la mobilità per 127 lavoratori. L’azienda nei giorni scorsi aveva iniziato a parlare di il ridimensionamento degli orari di lavoro e degli organici per un calo nella produzione dei trattori che lo stabilimento di Jesi produce. Dal 2021 ad oggi, il sito ha registrato -25% di produzione, e per il 2024 viene ipotizzata una flessione tra il 5 ed il 15%. L’accordo sindacale da firmare domani, prevede il passaggio dall’attuale cassa integrazione ordinaria alla cassa integrazione di “solidarietà”. Si aprirà inoltre la procedura di mobilità per 127 tra gli attuali 915 dipendenti a fronte di importanti incentivi economici. Le uscite saranno tutte su base volontaria con adesione entro la fine dell’anno 2024. La metà degli esuberi potrebbe inoltre essere gestita attraverso l’adesione entro il 30 giugno di 50-60 lavoratori a 2-4 anni dalla pensione, per cui l’azienda si farà carico dello scivolo pensionistic con possibilità di bonus aggiuntivo di 22.500 euro. Gli over 40 che vorranno aderire alla mobilità, saranno accompagnati all’uscita con 26 mensilità più i 22.500 sempre se decideranno di andarsene entro 30 giugno.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati