di Gianluca Ginella e Francesca Marsili
C’era una volta il Giallo dei Sibillini e oggi c’è di nuovo. Quei volti e quei nomi all’improvviso riemersi da un lontano passato sono sfilati dalle 9 di questa mattina e sino in serata nella caserma dei carabinieri di Tolentino.
C’era necessità di sentirli per le indagini – recentemente riaperte – sulla morte di Jeannette May Bishop, l’ex baronessa de Rothschild, 40enne, e Gabriella Guerin, 39, friulana.
Le due donne vennero trovate morte sulle montagne sopra Sarnano, in località Podalla, a Fiastra, il 27 gennaio del 1982 a distanza di oltre un anno da quando sparirono nel nulla il 29 novembre 1980.
I primi cinque testimoni sono il geometra Nazzareno Venanzi e sua moglie Francesca Carducci, amici della baronessa, Dea Pellegrini, che faceva da interprete, Ortelio Valori, che era proprietario dell’albergo Sibilla di Sarnano, e Angelo Venanzi, cugino del geometra.
Le loro parole un tempo annotate sui taccuini dei cronisti, oggi sono state registrate dai cellulari dei giornalisti presenti, eredi di questo antico fatto di cronaca.
Ma le testimonianze di questi cinque testimoni, molti, se non tutti, già sentiti all’epoca, aggiungono qualcosa alle indagini? Si vedrà.
Ortelio Valori, arrivato alle 9 e poi tornato di pomeriggio perché i tempi si allungavano, questa mattina all’uscita ha anche fatto una battuta che ha destato un po’ di stupore. Ai giornalisti presenti ha detto: «Cosa gli vado a dire (agli inquirenti, ndr), cosa ricordo? Niente, sono 44 anni che è successo e io ne ho 82. Cosa posso ricordare? Quello che ho raccontato all’epoca sta scritto – ha continuato a dire Valori allontanandosi verso l’auto in sosta di fronte alla caserma -, non è che ci devo mettere un’aggiunta. E’ venuta lì al bar e ha consumato qualcosa e poi sono andate via, io che gli risolvo (sempre riferito agli investigatori, ndr)? Non è che io posso esprimermi, che mi esprimo? Sono solo state seccature e basta».
Gli è stato chiesto, dai giornalisti, che idea si sia fatto su come sono morte, se per la neve o uccise: «Che ne so? La sera non c’era niente neve, l’ha fatta la notte». Poi raggiunta l’auto è salito, ha salutato e ha detto «Statemi bene». Ha fatto per chiudere lo sportello, si è fermato e ha aggiunto «è morti quelli che l’ha ammazzate». Nel pomeriggio ha spiegato che era stata solo una battuta.
Francesca Carducci, con modi molto cordiali, finito l’incontro con gli inquirenti, ha spiegato «Un po’ lungo ma è andata bene. Ho ripetuto tutto quello di cui erano già informati. Mi è stato chiesto ad esempio sugli incontri con Jeanette. La conoscevo? Sì abbastanza bene. In tutto è durato un paio d’ore. Più che altro hanno gradito sentire particolari sulla figura di Jeanette».
Dea Pellegrini, che era una amica di Francesca Carducci e Nazzareno Venanzi, faceva per loro da interprete per parlare con Jeanette più facilmente. Anche lei è stata sentita, uscita dalla caserma ha detto: «E’ andata benissimo. Ci auguriamo che dopo 44 anni si arrivi ad una conclusione». Su come sono morte: «Non sono io quella che deve esprimere un parere».
Il geometra Venanzi è uscito verso le 18 dopo essere stato rinconvocato per il pomeriggio: «Domande tante, risposte solite. Domande su tutta la situazione: per quale motivo è andata in montagna, ma io non lo so. Ho spiegato che confermo il verbale del tempo. Spesso le testimonianze di uno e dell’altro non combaciano e anche loro sono in difficoltà per questo». Angelo Venanzi è uscito verso le 19,30 e per dribblare le domande dei giornalisti ha detto di essere dell’Arma.
Domani verranno sentiti altri testimoni, tra cui due cacciatori: Domenico Panunti e Corrado Ermini.
Sul caso delle due donne uccise la procura di Macerata ha riaperto le indagini e indicato nel fascicolo, senza indagati, il reato di duplice omicidio. I carabinieri del Reparto operativo di Macerata e del Ros di Roma hanno riletto gli atti e ora hanno deciso di sentire alcuni testimoni per cercare di approfondire qualche aspetto che potrebbe essere risolutivo oppure concludersi ancora una volta con un nulla di fatto.
Viene da chiedersi se tra chi sarà sentito possa esserci un testimone chiave, qualcuno capace di dare l’input decisivo all’indagine.
Stavolta gli inquirenti, almeno in questa fase, sembra vogliano concentrarsi più su piste locali e senza andare a riaprire quelle più internazionali come quella del furto alla casa d’aste Christie’s di Roma avvenuto il 30 novembre 1980 e che veniva collegata al caso da un telegramma giunto all’albergo Ai Pini in cui un certo Roland dava appuntamento a Roma in via Tito Livio nella stessa palazzina in cui in un altro telegramma ricevuto dal direttore della casa d’aste si diceva che avrebbe trovato informazioni sui gioielli rubati.
Ma a quell’indirizzo non venne mai trovato nulla.
Dunque a Sarnano o nei comuni vicini come Fiastra (dove, a Podalla, vennero trovati i corpi), potrebbe esserci la chiave per capire cosa sia accaduto alle due donne.
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